Bio-based, biodegradabile e compostabile: quali sono le differenze?
Il 14 gennaio 2022 è entrata ufficialmente in vigore in Italia la direttiva dell’Unione Europea “SUP – Single Use Plastics”, con l’obiettivo di ridurre o vietare alcuni prodotti in plastica monouso e preservare così l’ambiente. Addio allora a cotton fioc, piatti, posate e bicchieri, agitatori per bevande in poliestere espanso, aste dei palloncini e contenitori in polistirene per asporto alimentare o consumo diretto. Tuttavia, la normativa italiana ha introdotto una modifica rispetto alla direttiva europea: potranno essere messi in commercio “prodotti monouso realizzati in materiale biodegradabile e compostabile, purché certificati conformi allo standard europeo UNI EN 13432 (se sono imballaggi) o UNI EN 14995 (se sono altri manufatti in plastica)”, con almeno il 40% di materia rinnovabile. In questo articolo, approfondiamo allora i significati e le differenze tra bio-based – concetto sempre più attuale tra i neomateriali – biodegradabile e compostabile.
Cosa vuol dire bio-based
Bio-based è una famiglia di materiali o prodotti plastici che derivano in parte da una biomassa vegetale e quindi da fonte rinnovabile, differentemente da quelli “tradizionali” che trovano origine fossile, in particolare da carbone o petrolio. Secondo l’European Bioplastics, i materiali bio-based e/o biodegradabili possono essere inseriti nella famiglia delle bioplastiche – come si vede nello schema. Negli ultimi anni, il mercato globale delle bioplastiche ha subìto una forte impennata: nel 2018, il valore era stimato a 6.04 miliardi di dollari, mentre la prospettiva per il 2026 è di 19.93 miliardi. Ma bio-based vuol dire anche biodegradabile?
Non tutto il bio- si biodegrada
Secondo la European Bioplastics, la biodegradabilità è un processo chimico che permette ai microorganismi presenti nell’ambiente di trasformare i materiali in sostanze naturali, senza ricorrere a ulteriori additivi e senza il rilascio di inquinanti. Tra le bioplastiche biodegradabili troviamo ad esempio il PLA – di cui il nostro primo materiale Coffeefrom è composto – e il PHA. Il processo di biodegradabilità dipende innanzitutto da tre fattori: le condizioni esterne, la natura chimica del materiale e l’applicazione del materiale. Tra le numerose condizioni poste dalla Normativa Europea EN13432, un materiale può definirsi biodegradabile quando riesce a biodegradarsi entro 6 mesi, convertendosi quindi al 90% in anidride carbonica, acqua e metano, che il terreno potrà riassorbire.
Biodegradabile vs Compostabile
I prodotti compostabili sono composti da materiali biodegradabili che possono trasformarsi in compost, ossia un terriccio riutilizzabile come fertilizzante. Tale processo può avvenire naturalmente o industrialmente e deve rispettare alcuni standard previsti dalla norma EN 13432, tra cui la capacità di decomporsi del 90% in 6 mesi in presenza di un ambiente ricco di anidride carbonica, e di decomporsi in frammenti al 90% di dimensioni inferiori ai 2 mm se messo a contatto con materiali organici per 3 mesi. In questo contesto, gli impianti di smaltimento e gli spessori dei prodotti giocano un ruolo discriminante per ottenere la certificazione di compostabilità.