Il lieto fine dei fondi di caffè esausti: la storia di Coffeefrom
Con circa 2.6 miliardi di tazze bevute ogni giorno nel mondo, ciò che noi vediamo e degustiamo rappresenta solo l’ultima tappa di una lunga avventura, ricca di vecchi aneddoti e leggende popolari. Nel XV secolo, alcune piantine che qualche tempo prima trovavano terreno fertile nel lontano Oriente approdano in Egitto. Lungo tutta la costa orientale del Mar Rosso, gli abitanti si ritrovano nei primi locali per degustare la bevanda ottenuta dalla macinazione dei semi: il caffè. Sotto la scura superficie liquida si nasconde un protagonista secondario, dalla storia poco nota e il cui finale si compie in discarica: il fondo di caffè esausto. Una cosa però è certa: la nostra storia dei fondi di caffè ha un lieto fine. Scopriamola insieme in questo nuovo articolo.
Invertire la rotta del viaggio
Siamo al bar e ordiniamo un caffè al bancone. Il barista compie quei semplici gesti di rito: svuota lo scarto del caffè nella cassetta di raccolta e riempie nuovamente il pressino.
Ma dove vanno a finire i fondi di caffè esausti?
Ogni giorno, a fine giornata, il fondo di caffè viene raccolto per essere smaltito in discarica. Si stima che in Italia si originano tra 200.000 e 300.000 tonnellate all’anno di fondi di caffè, che equivalgono a 45.000 chili al giorno; sotto le tonnellate di caffè si originano anche costi di gestione fino a 21 milioni di euro e 131.400 tonnellate di CO2 emessa.
In realtà, tali numeri non riguardano soltanto bar e ristoranti: il fondo di caffè rappresenta un prodotto di scarto anche per le industrie alimentari, il vending e la ristorazione collettiva, settori caratterizzati da un consistente impiego di plastiche e in cui il caffè esausto rappresenta il rifiuto industriale maggiormente voluminoso.
Come possiamo ridurre i costi di gestione e com’è possibile invertire la rotta del viaggio prima del fine vita?
Con l’obiettivo di trasformare il normale ciclo di vita dei prodotti in nuove risorse di valore, e promuovere una filosofia rifiuti-zero, l’economia circolare costituisce un cambiamento che si inserisce nel modello di business, nella filiera e nelle abitudini di consumo. Le grandi aziende sono chiamate a dare un forte contributo all’innovazione, attraverso l’azione di una rete di subfornitori, i quali – in questo contesto – favoriscono la transizione e il ripensamento delle risorse e mettono in pratica la Responsabilità Estesa del Produttore. In altre parole, ciò che per un’azienda rappresenta uno scarto di processo, per altre realtà si tratta di una nuova opportunità da valorizzare.
La prima tappa del viaggio è bio-based
La storia a cui oggi abbiamo dato voce ha dunque un lieto fine. Quando il viaggio del fondo di caffè sembra arrivato al termine, per noi rappresenta un nuovo inizio.
Coffeefrom nasce dall’incrocio di esperienze passate, necessità del presente e visioni future.
Con l’esperienza di Fungo Box, nel 2015 abbiamo conosciuto gli scarti di caffè di origine urbana, provenienti principalmente da bar locali. Attraverso l’aggiunta di cellulosa e micelio in kit casalinghi, dal caffè nascevano allora funghi Pleurotus, in un’ottica di agricoltura urbana. Nel tempo, la nostra visione zero-waste ha abbracciato i principi della simbiosi industriale, dove lo scambio di risorse e competenze tra diversi partner rappresenta il cuore pulsante di un’intera attività.
Oggi agiamo per cambiare l’end-of-waste (il fine vita del rifiuto) di tonnellate di scarti di caffè provenienti dalle industrie, con l’obiettivo di trasformarli in un nuovo sottoprodotto, un innovativo materiale bio-based dalle infinite possibilità espressive: Coffeefrom.